Consiglio musicale

Origins

La sweatshirt affonda le sue radici nei primi decenni del Novecento, rappresentando uno dei primi esempi brillanti e duraturi dello sportswear moderno. È negli anni ’20 che prende vita la sua leggenda, grazie all’intuizione di un giovane giocatore di football dell’Alabama University, Benjamin Russell Jr. Stufo delle divise in lana, scomode, pruriginose e soggette a restringersi al lavaggio, Benjamin cercava qualcosa di più pratico. La svolta arrivò proprio in famiglia: suo padre, Benjamin Sr., era il fondatore della Russell Textiles. Insieme, padre e figlio svilupparono un pullover in cotone spesso, confortevole e resistente: nacque così la crewneck sweatshirt, quella che oggi è un classico senza tempo. Negli anni ’30 e ’40, la sua robustezza e comodità la resero lo standard tra atleti e operai americani. Ma l’evoluzione non si fermò lì.
Nel cuore dell’inverno newyorkese, un’altra rivoluzione stava per nascere. La Knickerbocker Knitting Company cercava una soluzione per tenere al caldo gli operai delle gelide warehouse. Fu così che cucì un cappuccio su una normale sweatshirt e vi aggiunse una tasca centrale scaldamani: era nata la hoodie. Un capo destinato a diventare iconico.
Nel 1934, colpita da questa innovazione, l’Università del Michigan commissionò una versione personalizzata per le proprie squadre. La KKC (ormai divenuta Champion) rispose con una hoodie a doppio strato e cuciture delle spalle leggermente scese, ideale da indossare sopra le protezioni da football. Era ufficialmente nata la felpa sportiva moderna.
Il primo colore adottato sia per le crewneck che per le hoodie? Il celebre grigio melange. Una scelta dettata da tre motivi chiave:
– Economico. Il melange nasce dall’unione di fibre non tinte o di scarto, rendendolo il più economico da produrre.
– Pratico. Il suo effetto “impastato” nasconde bene macchie, sudore e segni di usura, perfetto per l’uso intenso degli sportivi e dei lavoratori.
– Neutro. Il grigio si abbina a tutto, rendendolo la base perfetta per la stampa di nomi di squadre, college o brand.

Negli anni ’50 e ’60, queste felpe iniziarono a dominare i campus americani, diventando parte integrante della cultura giovanile. I loghi stampati divennero simboli di appartenenza, identità e stile. In quegli stessi anni, persino Muhammad Ali veniva immortalato a Londra con addosso una hoodie, confermandone il posto nella storia non solo dello sport, ma anche della cultura urbana.

Cultural impact

È negli anni ’70 che la hoodie compie il salto definitivo: da semplice indumento sportivo a simbolo culturale universale.

Il momento decisivo arriva nel 1976, quando Rocky irrompe sul grande schermo. Il film diventa subito un classico, e con esso una scena destinata a rimanere nella memoria collettiva: Rocky Balboa corre per le strade di Philadelphia all’alba, temperature bassissime e  respiro che si confonde con il freddo. Rocky è l’uomo comune, quello che non parte favorito, ma non smette mai di lottare. E cosa indossa un eroe del popolo? Una hoodie, ovviamente. Con quel gesto semplice – infilarsi un cappuccio e iniziare a correre – la felpa smette di essere solo un capo tecnico e diventa un manifesto.
Quasi in parallelo, a pochi chilometri da lì, un’altra rivoluzione stava prendendo forma. A New York, nei quartieri dimenticati dalla politica e dalla società, nasce la cultura hip-hop. Ribelle, creativa, cruda. Nata dal nulla e contro tutto, trova nella hoodie la sua uniforme ideale. Il cappuccio alzato diventa un simbolo: protezione, anonimato, sfida. Un gesto che comunica identità e isolamento, forza e resistenza. Il New York Times lo descriverà come “la posa di un cobra”, sempre pronto, sempre all’erta.
In quegli anni, la hoodie entra nel guardaroba di writers, DJ, breaker, skater, borseggiatori, di chiunque cercasse un rifugio dall’occhio pubblico o un modo per affermare sé stesso nel silenzio della strada. Le subculture urbane la adottano con entusiasmo, e quando l’hip-hop sfonda il muro della cultura mainstream, porta con sé anche l’estetica del ghetto: sneakers, catene, beats… e hoodie.
Anche gli skater, un tempo legati all’immaginario soleggiato della California, iniziano a colonizzare spazi più freddi e urbani. Serve qualcosa che scaldi, che protegga senza limitare i movimenti, che racconti uno stile di vita fatto di libertà, rischio e strada. Indovina cosa scelgono? Esatto: ancora una volta, la hoodie.

Screen & ICONIC appearances

Nel mondo del cinema, la crewneck rimane per lungo tempo ancorata al suo habitat originario: lo sport. La vediamo innumerevoli volte indossata da atleti, ballerini, allenatori, quasi sempre melange, come se quel tessuto ruvido e vissuto fosse parte stessa della narrazione. Appare in pellicole simbolo come Grease (1978), Flashdance (1983), Footloose (1984), Il Paradiso può attendere (1978), Gli Intoccabili (1987), Il silenzio degli innocenti (1991) — tutte accomunate da scene in cui i protagonisti si allenano, danzano, si preparano. La crewneck in quei momenti non è solo abbigliamento, ma simbolo di dedizione, trasformazione, tensione verso qualcosa di più grande.
Eppure, anche questo capo trova i suoi attimi di gloria iconica. Basta citare Steve McQueen in The Great Escape (1963): la sua crewneck con le maniche tagliate, indossata con naturalezza virile e disinvolta, diventa un modello di stile che influenzerà la moda maschile per decenni. È la dimostrazione che anche un capo semplice, se portato con autenticità, può diventare leggenda.
Nel frattempo, la hoodie continua a rivendicare il suo spazio come simbolo di anticonformismo, isolamento e rivolta silenziosa. In film come E.T. L’extra terrestre (1982) o Breakfast Club (1985), il cappuccio alzato non è solo protezione dal freddo: è un muro tra il personaggio e il mondo, un rifugio emotivo, un gesto di rifiuto e identità. La hoodie diventa il modo in cui il cinema racconta i suoi outsider, i ribelli, i solitari.
Negli anni ’70 e ’80, anche il mondo reale contribuisce al mito. Bruce Springsteen, voce ruvida della working class americana, sceglie di indossare hoodie per tutto il suo Born in the U.S.A. Tour, rafforzando il legame tra questo capo e l’America profonda, operaia, fiera delle sue origini.
E poi c’è Lady Diana, che negli anni ’90 ribalta completamente le regole del gioco. Paparazzata con felpe oversize abbinate a cycle shorts, passeggiando tra i parchi londinesi o entrando in palestra, riesce a trasformare uno dei capi più “anti-fashion” della storia in un elemento di puro stile contemporaneo. Con un solo look, apre la strada a un nuovo concetto di eleganza rilassata, street, personale.

Our version of an icon

La crewneck sweatshirt è la forma più pura e iconica della felpa, si distingue per la presenza di un girocollo in costina elastica con al di sotto un tassello triangolare sul fronte (in alcuni casi è presente anche sul retro) originariamente progettato per assorbire il sudore e dare più elasticità al collo.
Maniche lunghe raglan o set-in, le prime partono direttamente dal collo con cucitura obliqua mentre le seconde hanno la comune cucitura alla spalla e infine di polsini e fondo felpa in costina elastica.
La Hoodie è sicuramente la variabile più celebre e versatile della felpa, contraddistinta da un cappuccio a doppio strato, solitamente con cordino regolatore e una tasca frontale a canguro condivide tradizionalmente tessuto e costine con la crewneck.

Insieme al nostro storico fornitore di tessuti, abbiamo dato vita a qualcosa di davvero speciale: la nostra esclusiva Felpa Melange. Non è solo una felpa, ma un omaggio ai capi autentici dei primi del Novecento, quando la maglieria sportiva nasceva non per moda, ma per necessità,  e lo faceva con una cura che oggi sembra perduta.
Ci siamo ispirati proprio a felpe d’archivio e telai vintage, ormai utilizzati solo in alcune prefetture del Giappone, capaci di produrre un tessuto unico nel suo genere: morbido, resistente, con una trama diagonale e una boccola visibile e soffice sul rovescio. Un processo lento, quasi artigianale, in netto contrasto con le logiche produttive odierne. Ma è proprio questo a renderlo così prezioso. La produzione richiede tempo, attenzione, esperienza. La trama slegata rende il tessuto incredibilmente comodo, traspirante e accogliente al tatto.

La Felpa Melange Vintage55 vuole essere un ritorno alle origini. Un capo che unisce storia, qualità e autenticità, pensato per durare nel tempo e migliorare con l’uso, con lo stesso approccio abbiamo sviluppato la nostra Hoodie. Ogni stagione cerchiamo di presentare anche un colore o un lavaggio speciale per questi capi, sorry but style is our own excuse!

Iscriviti alla nostra newsletter

Scoprirai in anticipo novità e offerte esclusive.